La Coppa di Nestore

La Coppa di Nestore

Pillole di Storia, a cura di Ivano Di Meglio

L’arte di lavorare l’argilla, era diffusa sulla nostra isola già dal Neolitico, cioè un periodo compreso tra i 10.000 e i 3500 anni fa. La tecnica di lavorazione di questo prodotto, che un tempo costituiva il fondale marino, prevedeva la sovrapposizione di strisce di argilla, i cercini, e poi si regolarizzava e lucidava il tutto. La tecnica, prima rudimentale, divenne sempre più affinata. In ciò, i greci euboici di Pithekoussai erano maestri. La coppa di Nestore è una kotyle rodia, cioè proveniente da Rodi, ma presenta un’incisione in greco euboico (dall’Eubea, isola greca) effetuata da un artigiano di Pithekoussai. L’isola d’Ischia può vantare il primato di essere la più antica colonia greca dell’occidente (775 a.C. circa). I versi sulla “Coppa di Nestore”, invece, rappresentano insieme all’oinochoe del Dipylon le più antiche testimonianze della scrittura alfabetica greca in assoluto. La coppa fu ritrovata da Giorgio Buchner nella valle di San Montano, durante la terza campagna di scavi archeologici nella necropoli tra l’ottobre del 1954, e il giugno del 1955. È datata 725 a.C. circa, e fa parte del corredo funerario della tomba numero 168. Questa è un tumulo a cremazione di un individuo di sesso maschile di età compresa tra i 12 e i 14 anni. Il corredo è tra i più cospicui mai rinvenuti in una tomba pitecusana, e l’unico contenente crateri (quattro: due euboici e due locali). Rappresenta di sicuro una peculiarità, in quanto gli adolescenti erano di norma inumati e non cremati. La coppa è stata rinvenuta in circa 50 pezzi, smontata e nuovamente ricomposta nel giugno del 1955. L’iscrizione si compone di un trimetro giambico e due esametri dattilici. Presenta la scriptio continua, cioè si scriveva senza spazi. Non esistevano ancora le maiuscole e le minuscole, né i segni d’interpunzione, e la scritta è sinistroversa, cioè si legge da destra verso sinistra. Ecco la traduzione gentilmente concessami dall’amico e Professore Vincenzo Di Meglio: “Io sono di Nestore la soave coppa. Ma colui che beva da questa coppa, subito quello lo prenderà il desiderio d’amore per Afrodite dalla bella corona”. Ma chi era Nestore? Esistono due scuole di pensiero. La prima vede Nestore come il proprietario della coppa, oppure lo stesso fanciullo, cui fu offerto come estremo dono un oggetto simbolico di quelle gioie del vino e dell’amore, che da immatura morte gli furono precluse (vd. Dettori 1992-1993 e Pavese 1996). Passiamo alla seconda versione. Nestore, figlio di Neleo, re di Pilo, è nei poemi omerici il più vecchio e saggio degli Achei che assediano Troia. Poeta latino Ovidio (“Metamorfosi”, XII, vv. 187-188).Nestore è uno dei pochi tra i “grandi” vincitori della guerra troiana a tornare sano e salvo nel suo palazzo, come ci dice l’Odissea: e non è forse un caso che l’etimologia più probabile del suo nome sia connessa al verbo neomai (“ritornare”), a indicare “colui che fa tornare felicemente il suo esercito”. E di lui sappiamo davvero molte cose, tanto che la sua memoria non è stata troppo inferiore a quella dei più giovani Atridi, del Pelide Achille o dell’astuto Odisseo. Sì, sappiamo ad esempio che il vecchio amava il lusso, e che non si separava mai da una splendida coppa che portò con sé a Troia, così mirabilmente descritta da Omero: poi una coppa bellissima, che il vecchio portò da casa, / sparsa di borchie d’oro; i manici / erano quattro; e due colombe intorno a ciascuno, d’oro beccavano; / sotto v’era due piedi; un altro della tavola l’avrebbe mossa a stento / quand’era piena; ma Nestore la sollevava senza fatica (Iliade, XI, vv. 632-639, trad. R. Calzecchi Onesti).La “coppa di Nestore” divenne dunque una sorta di espressione proverbiale, per indicare un oggetto raffinato e regale. Fonti: la rassegna d’Ischia n.6/2019, pp.7 e seguenti, di Francesco Valerio; Prof. Vincenzo Di Meglio; Museo Archeologico di PitecusaeIsola d’Ischia, Giorgio Buchner e Costanza Gialanella, pp. 67 e seguenti.

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Ivano Di Meglio

Ivano Di Meglio

Eterno studente, scavo nei meandri del passato per trovare l'identità collettiva che porti al traguardo della consapevolezza. Mi occupo di cognomazione, Medioevo e usi locali. Cerco instancabilmente atti, prove e quant'altro mi consenta di ricostruire spaccati di vita lontana e vicina.