IL PONTE ARAGONESE DI ISCHIA
Sfatiamo il mito che vuole il ponte d’Ischia Ponte in legno nei passati secoli.
Torniamo indietro al periodo aragonese. Sappiamo che Alfonso il Magnanimo venne per la prima volta a Ischia nel 1423. Non fu lui a costruire il ponte in pietra, in quanto preesistente, e di legno solo per il piccolo ponticello realizzato da lui per chiudere la breccia nella pietra. L’opera di Bartholomeo Facio, “Fatti d’Alfonso d’Aragona…, tradotto da M. Giacomo Mauro, in Vinegia MDLXXX”, descrive l’assalto al Castello delle truppe di Alfonso il Magnanimo, aiutate nell’impresa da Michele Cossa, e racconta molto bene l’assedio di quello che diventerà sovrano del regno di Napoli.
Questa Isola è discosta da Napoli diciotto miglia, e quattro dalla terraferma, ed è più ricca di quella che si conviene alla sua piccolezza. Quelli che vi abitano, si esercitano nelle pescagioni, e nell’arte del marineccio. In fronte a questa isola, quanto un tratto di mano, vedesi un monte di circa un miglio di altezza, e quasi di altrettanto spazio di giro, congiunto con un piccol ponte della medesima isola, tutto tagliato d’intorno e battuto dal mare, con un sentiero molto stretto.
Nella sua cima siede un castello, che occupa tutta la pianura del monte; e nella falda vi è un borgo, dal quale per alcune vie piccole e torte si poggia al detto Castello. Gli uomini, che qui vi abitano, erano anco essi divisi in due fazioni; l’una delle quali si chiamava Cossa, l’altra Manocia. Esso dunque, dando certezza al re, che questo castello si poteva pigliare con subito e improvviso assalto, percioché gli abitatori, assicurati dalla naturale fortezza del sito, non troppo si curarono di guardarle. Aggiunse ancora che quel ponte, col quale Castello veniva congiunto con l’isola, si poteva di notte occupare e rompere agevolmente; e per questa ragione levare ad abitatori ogni speranza di soccorso, e potesse loro venire dall’isola, i quali per essere cinti dal mare, sarebbero costretti o per fame o per ferro di rendersi. Alfonso, insieme con molti altri sopra alcune galee, occupò prestamente il ponte, senza che quei di dentro sentissero alcun rumore.
E avendo misurato il fondo del mare, fecero intendere subito al re che il ponte era preso e tagliato, e comodamente vi si potevano appressare le navi, e altri legni da metter gente in terra. Inteso questo, Alfonso, se ne andò con alcuni pochi alla volta dell’isola, e veduto l’effetto, e ritornato subito indietro, apparecchiò tutte le cose necessarie per l’espugnazione del luogo.
Dalle analisi delle fonti del ‘500, non viene mai indicato un ponte di legno. Giovanni Pontano, nel suo “De bello Neapolitano”, libro V, afferma: “Alfonso D’Aragona detto il magnanimo, occupato il castello, lo fece ristrutturare e fortificare. Lo unì all’Isola maggiore con un ponte di solidissima struttura; quivi scavare inoltre la galleria interna, incassata nel vivo macigno, munita di feritoie e trabocchetti”.
Da “Ischia, archeologia e storia” di Pietro Monti, pag. 411. Tra le grandi opere da lui create, merita il primo posto il traforo scavato nel seno della roccia: un’immane galleria sbarrata da cinque porte, con feritoie e spie, che porta sulla Roccaforte; fa erigere enormi e inaccessibili muraglioni di sostegno lungo i costoni a picco sul mare, così come gli spalti merlati e il fossato profondo intorno al formidabile bastione della reggia sospeso sulla terribilità della strapiombante rupe e; fa riparare il ponte di fabbrica già esistente da secoli, il quale univa l’isolotto con l’isola Maggiore, ed all’esterno, dinanzi alla superba entrata, fece piazzare un ponte levatoio di legno.
Il D’Ascia riporta alla nota 139 della sua “Storia dell’isola d’Ischia” riportw l’Editto di Alfonso il magnanimo contenente la lista dei privilegi dell’isola d’Ischia estratti dall’archivio di Napoli Nel 1840 per cura dell’intendente della provincia commissario Sancio. “Riguardo poi alla riparazione della citata cittadina e del Castro, o castello di Ischia, noi decidiamo nel modo seguente. Tre parti dai redditi della predetta dogana siano spesi per la riparazione delle mura, delle torri, del molo, sia del ponte della predetta città e nell’edificazione, sia nella costruzione nuova di una o qualche Torre Nuova, dove sarà più necessario. Poi decidiamo in verità che la quarta parte dei redditi predetti venga utilizzata per la riparazione e la fortificazione del predetto Castro o castello di Ischia fino a quando il detto castello di Ischia abbia bisogno di riparazione, fortificazione, finché l’amministrazione desidera per molti mercanti e altre persone, sia che siano soldati regi, sia altro, di poter vendere in questi posti citati sale, ferro o pesce o fare in modo che siano vendute, se non abbiano prima il permesso e la concessione della predetta dogana e che siano assentate l’ordine e la forma nella dogana di Napoli e del Castro di mare.
Una volta poi permesso e realizzate la riparazione, l’edificazione e la fortificazione, i redditi della ditta dogana, vengono distribuiti come piacerà alla maestà reggia e sin da ora nella raccolta densità di redditi, venga scelta una persona idonea e degna di fede o fiducia che faccia un sistema ordinato in cinque parti, con la redazione di uno scrivano o segretario per la parte della detta cittadina e vengano osservate annualmente dappertutto, il rendere conto alle persone preposte nella Regia Curia. Per tutto questo noi diamo mandato…
Concludendo per il momento, affermo che dalle analisi delle fonti citate (e non) non solo non possiamo affermare che esistesse un ponte di legno, ma è più plausibile che il rifacimento abbia riguardato un ponte stretto in fabbrica. Ancora affermo che già esisteva un porto e/o ponte in età angioina, di cui vi parlerò a breve. Ricordo che nel ‘700 il ponte fu ristrutturato. L’articolo lo trovate qui:
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