SANGHETURC, IMPERDIBILE! L’8 DICEMBRE IN LIBRERIA ILSEQUEL DE “IL PAESE NASCONDE”

SANGHETURC, IMPERDIBILE! L’8 DICEMBRE IN LIBRERIA ILSEQUEL DE “IL PAESE NASCONDE”

L’8 dicembre arriva in libreria e in formato ebook l’attesissimo sequel de IL PAESE NASCONDE. L’autore ci racconta il suo romanzo più nero dedicato alla sua terra

L’autore con “Sangheturc” (sangue di turco, l’epiteto che a Forio si usa per indicare gli animi ribollenti del versante occidentale dell’isola) torna a raccontare la sua terra. Sono ancora lì i personaggi che hanno conquistato migliaia di lettori ben dieci anni fa. Dopo la forzata pausa commerciale causata dalla pandemia, è in uscita finalmente l’attesissimo sequel de il Paese Nasconde, pluripremiato romanzo d’esordio di Andrea Esposito.

Innanzitutto tornano a darsi battaglia Ottava Torre e la gang dei latinos residenti sull’isola?
I tempi sono cambiati anche per loro, tutto è mutevole anche nei romanzi i personaggi non devono cristallizzarsi. In entrambe i gruppi criminali avviene un’evoluzione. La grezza banda di picchiatori, muratori, disoccupati e disperati, guidata da ‘u Toro, si trasforma in vero e proprio clan piramidale e affaristico, guidato dal fratello Amerigo detto ‘u Negus, un bestione dal cervello fino che ha fatto evolvere una marmaglia disordinata in un piccolo esercito privato. La gang latina subisce invece l’evoluzione opposta: da sacra famiglia patriarcale, legata a riti di affiliazione e fedeltà simbolici e violentissimi, è stata modernizzata da Juan Amaya, uomo d’affari lucidissimo e senza scrupoli che se ne frega delle regole e dei tabù fissati dal padre, ormai anziano ed isolato. Juan non esita a trasformare la familia in padilla, bocca di fuoco, gruppo d’assalto, organizzato e armato fino ai denti.

Dunque niente più tatuaggi, pestaggi e stupri, contano solo i soldi, da fare in qualsiasi modo e alleandosi con chiunque?
C’è una frase che spiega tutto pronunciata da uno dei protagonisti, “noi siamo il tempo presente” e in questo diventa lo stereotipo di tutti i criminali odierni, dal camorrista allo ndranghetista al narcos. Lo scontro si rinnova, ma su un piano diverso: dal nudo controllo del territorio al più complesso sfruttamento dello stesso, una metafora dei tempi che cambiano vorticosamente intorno a noi, nei pochi anni che separano il primo romanzo dal sequel.

Ancora una volta paghi con passione il doveroso tributo d’amore per la tua terra, plasmando sui tuoi personaggi alcune figure caratteristiche della Forio passata e presente, così com’è stato per il primo capitolo della saga?
Si, se nel “Paese Nasconde” Taki e Peperone su tutti erano facilmente riconoscibili, in questo nuovo romanzo la libreria del Capitano Vito Mattera, la bottega dei cestelli di rafia di Maria ‘e Scialò, gli storici ristorantini sul porto da “Pappone” alla “Romantica”, la tabaccheria di “Vito ‘e Giò” a Monterone, le pizzette da asporto della rosticceria di “Franchino Disturbo” o il bar di “Pietro ‘e Camillo” nel cuore del centro storico, diventano qualcosa di più che un omaggio. Sono simboli della Forio che amiamo e che vorremmo che fosse per sempre.

LA TRAMA
Il prologo apre il racconto, siamo nel giugno 1982, sera finale della festa del patrono. Sul porto comincia lo spettacolo dei fuochi pirotecnici e, mentre gli ormeggiatori si affannano a spostare le cime delle barche per evitare che vadano a fuoco, due ragazzini si dondolano seduti sul molo, con i piedi sull’acqua. Uno confessa all’altro il più terribile dei segreti: ha ucciso una bambina, quasi una loro coetanea, l’ha fatta fuori per gelosia. Aveva tutto ciò che desiderava grazie al lavoro della sua mamma. ‘Ngiulina è la figlia dell’unica puttana del paese. Salto temporale di oltre trent’anni: siamo ai giorni nostri e, fuori all’arciconfraternita di Visitapoveri, viene ritrovato il cadavere orrendamente mutilato di una prostituta. È assurdo, inverosimile, eppure sono la stessa persona, quella donna è la stessa bambina divenuta adulta. Come è possibile? Il caso è affidato al vicequestore Angela Migliore e al suo braccio destro, corrotto e immorale, il commissario Ciro Carbone. Gli inquirenti si trovano a dover soppesare la confessione di Roberto Olida, amico di Carbone ed ex organizzatore di eventi mondani sull’isola. Egli sostiene di essere uno dei due ragazzi sul molo nel 1982: colui che ha raccolto la confessione del presunto assassino. Di quel compagno di giochi non ricorda il nome ma solo l’aspetto fisico. Il dato di fatto innegabile è che il corpo di Angelina è quello che giace adesso all’obitorio, una splendida donna dai capelli biondi e il seno rifatto. Non certo quello di una bambina scomparsa nel nulla trent’anni prima e della quale molti in paese cominciano a dubitare della stessa esistenza. Ma allora perché gli investigatori credono a quella storia assurda? Per via di un biglietto, un enigmatico richiamo lasciato dall’assassino che cita una frase in latino presente nella chiesa di Visitapoveri, sul sagrato della quale non solo è stato ritrovato il corpo ma affaccia anche il balconcino coperto di geranei della madre di Angelina, ormai non più prostituta ma simpatica e ingobbita vecchina. Quella frase, scolpita in eterno nella chiesa, è la stessa che compare su di uno striscione affisso sul porto, in una foto della festa del patrono edizione 1982, la stessa sera nella quale avvenne il primo delitto. L’ispettore Carbone, dapprima esaltato dalla grande indagine, deve ammettere con se stesso di non essere all’altezza. Chiede così l’aiuto dell’UCS, l’unità speciale per i crimini seriali, guidata da Marco Ranieri e della quale fanno parte il vecchio profiler inglese sir James Winterbourn e la patologa forense Penelope Arce. Fin da subito nulla è come sembra: gli intrecci e i colpi di scena si susseguono intricando ancor di più e poi (solo alle ultimissime pagine) dipanando una trama che ci regala il miglior Esposito, in una forma narrativa strepitosa per un noir: tinte forti, atmosfere cupe e un rovente ribollire di personaggi di cui ci innamoriamo subito, grandi passioni non certo tutte positive e soprattutto nessuna redenzione.

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Marcello De Rosa

Marcello De Rosa

Amo la mia terra senza se e senza ma. Scrivo la verità perché la verità ci rende liberi. La mia libertà la conquisto giorno dopo giorno svelando il marcio della nostra società