Una scalinata verso il cielo
I miei articoli in genere trattano di cose belle e curiose, misteri o leggende che riguardano la nostra isola e non. Tuttavia in questo articolo vorrei soffermarmi su un problema di diversa natura, che mi sta particolarmente a cuore.
Come ho già scritto nell’articolo sulla base militare, da un paio di anni ho il piacere di vivere in prossimità della cima del monte Epomeo, praticamente in paradiso. Un posto splendido e mistico, questa volta però ho deciso di non scrivere delle incantevoli bellezze e dei paesaggi mozzafiato della bella Ischia, anzi.
Lungo la famosa strada militare che di fatto è uno dei pochi “sentieri escursionistici” esistenti, che conduce fin sopra l’eremo, percorsa ogni anno da migliaia di turisti che decidono di esplorare l’altro volto di Ischia. Quello lontano dalle spiagge e dai locali della movida alla scoperta del cuore selvaggio dell’isola.
La strada militare appunto, versa in condizioni pessime. Nelle piccole insenature che costeggiano la strada viene abbandonato di tutto: lavatrici frigoriferi residui edili e bombole del metano esauste. Sacchetti dell’immondizia abbandonati in strada e poi distrutti dalle auto, offrono uno spettacolo raccapricciante ai poveri turisti che decidono di avventurarsi verso l’eremo di San Nicola.
Vi posso garantire che è un qualcosa che fa male al cuore, vedere tedeschi e russi fare lo slalom per evitare l’immondizia spalmata sul manto stradale mentre percorrono la strada verso il cielo. Turisti desiderosi di raggiungere la cima per assaggiare l’ottimo vino ischitano, in uno dei numerosi ristoranti presenti in zona, o magari partecipare ad una spettacolare gita a cavallo, in mezzo alla monnezza.
Chi sceglie di scoprire quest’altro aspetto dell’isola verde immagina rigogliosi boschi ed una natura protetta, e invece no. Anche qui la triste ritirata del bosco è ogni anno più evidente, perché per alcuni isolani è più importante la legna per il termo camino, (sempre più in voga in questi ultimi anni) del preservare un ambiente che tra l’altro costituisce l’entrata economica principale dell’isola.
In autunno vedo percorrere la strada militare da parecchi furgoni carichi di legna appena tagliata, a discapito di quel poco verde che ancora resiste sul fianco meridionale dell’isola, sempre più brullo e spoglio. Basta utilizzare Google Maps e scegliere la versione 3D per notare come la nostra “Isola Verde” non sia più così verde. Si tratta della più spietata mercificazione di tutto ciò che è vivo.
Frutto di una società senza luce, le cui regole sono dettate da un capitalismo esasperante che non lascia scampo a tutto ciò che vive, a ciò che è bello, esiste solo il profitto e nient’altro, anche e soprattutto ad Ischia.
Queste dinamiche di vita riducono l’uomo in uno stato parassitario, lo spinge a distruggere la matrice dell’armonia, dell’equilibrio e della vita. Invece da un punto di vista prosaico distrugge persino quello stesso elemento fondamentale che spinge turisti da tutto il pianeta a visitare la nostra Ischia.
Perché? Come è possibile che noi isolani, baciati dalla fortuna e dalla natura stessa che ci ha donato un gioiello unico al mondo come Ischia, decidiamo di abbandonare il nostro ruolo naturale di custodi del bello e di ciò che è nostro di diritto, in nome del profitto e della più becera inciviltà?
Ci stiamo impegnando affinché Ischia somigli sempre di più ad una delle famose quanto squallide province napoletane. Ci stiamo abituando al degrado, al traffico opprimente.
Ci stiamo abituando ai SUV, che soggetti insicuri e in cerca di conferme decidono di acquistare, oberando la viabilità, occupando spazio vitale e soprattutto, rendendosi ridicoli quando con i loro macchinoni scelgono di infilarsi nei caratteristici vicoletti generando ingorghi e spesso anche risse.
Mi sovviene quel famoso scritto del grande Benedetto Croce “Un paradiso abitato da diavoli”, un passo in particolare mi sembra ancora del tutto attuale «Onde un popolo che non ha bastevole affetto per la cosa pubblica potrà avere assai vivo quello per la famiglia, per la quale sarà disposto a ogni sacrificio; un popolo indifferente avere la chiaroveggenza dell’indifferenza; […] Valer molto nella contemplazione dell’arte e nelle indagini dell’intelletto; un popolo privo di spirito di gloria saper ben cogliere il gonfio e il falso delle umane ambizioni e operare nel riso un lavacro di verità».
Non c’è più tempo. È ora che gli Ischitani inizino a difendere quel poco di bellezza che ancora resiste qui sull’isola. è tempo di formare la falange della civiltà, che si erga a difesa del bello del mondo, e della nostra Casa.