Coronavirus, tiriamo le somme

Un mondo difficile

Le immagini, dure, crude, di pazienti in terapia intensiva non avremmo mai volute vederle. Come non avremmo mai voluto sentir parlare di morte men che meno degli effetti del suo velo che si sta abbattendo sull’Italia, come prima ha fatto negli altri Paesi specie quelli asiatici. Quelle immagini che arrivavano dalla Cina, tra gennaio e febbraio, in alcuni casi le abbiamo anche rifiutate alla vista evitando di guardarle. Ci hanno fatto sperare che la nostra condizione – in Europa, in Italia- fosse privilegiata pure per la lontananza. “Va bene, ma quella è la Cina”, è la frase che si è sentita spesso, riprodotta sulle labbra delle persone si è diffusa alla stessa velocità invisibile del virus, tra certezza dell’affermazione e incredulità sulla realtà.

Guardare il video del medico cinese, qualche mese fa, che piangeva e si lamentava con i propri superiori al telefono per i posti letto limitati, ragione che non gli consentiva di occuparsi di tutti i pazienti, è stata facilmente unta come “fake news” e non verificata. Questo, e molto altro, ci ha fatto sentire al sicuro. Forse la realtà risiede negli interstizi di ciò che non vogliamo vedere, compreso ciò che accade nelle terapie intensive negli ospedali italiani in questi giorni di emergenza.

Oggi il grazie va rivolto ai medici e infermieri che lottano nelle prime linee, in quei reparti. Il loro non è solo “lavoro”. Non è solo “professione”. Iniziamo invece, di nuovo, a riconoscere sostanza, etica, dedizione e spirito di sacrificio come pilastri fondamentali di tutti i lavori, di ogni lavoro. Specie per quelli che richiedono particolari capacità che, è evidente, non tutti possono avere. Ricominciamo dal nostro spirito di comunità, di umanità e dall’interesse nazionale italiano.

Perciò abbiamo bisogno di un messaggio nuovo, rinnovato, in questo clima surreale, fatto di deserto sociale, di strade vuote, di negozi chiusi e serrande abbassate, di scontri che ci fanno tornare indietro nel tempo. A quando, durante la Seconda guerra mondiale, imperversavano bombardamenti sulle nazioni e sui paesi, circolavano eserciti e carri armarti, il cibo era distribuito con parsimonia e l’economia, si può dire, non esisteva per nulla. La guerra è anche questo. Orrore. E noi, come affermato da più parti, siamo in guerra. La stiamo vivendo, con l’orrore che ne consegue. Questa volta contro un nemico invisibile. Non ci sono bombe, né esplosioni, né i fragori frutto delle deflagrazioni terrifiche e impressionanti.

C’è il silenzio. Non quello dell’informazione pazza e rumorosa, dispensatrice, il più delle volte, di notizie false, parziali, artefatte. Si tratta di una quiete diversa, muta, apparente, sospesa. Verso cui stiamo iniziando ad assumere un atteggiamento di difesa attraverso l’isolamento e la composizione della distanza, fisica e virtuale, gli uni dagli altri. Un sacrificio che non avremmo mai pensato di sostenere in modo così veloce ma lo stiamo facendo, a parte qualche eccezione indisciplinata. Ed è una guerra, certo, che ha i suoi effetti anche nell’economia.

Un paese che si ferma non può che determinare il collasso del sistema economico e la voglia di cercare, nell’unità d’intenti – come ha affermato il Presidente della Repubblica Mattarella -, l’aiuto di tutti, anche dell’Unione Europea che arriva, sì, ma col contagocce. Per questo le parole del Presidente della Bce, Christine Lagarde, nella conferenza stampa di giovedì pomeriggio, in piena tensione dei mercati dei Paesi più colpiti dall’epidemia ha affermato «che non è compito della Bce chiudere gli spread», hanno tuonato come uno dei silenzi peggiori orchestrati da un direttore d’orchestra, parte di una “Comunità”, quella europea, che ha preferito soffocarci togliendoci l’aria, lasciando sola l’economia italiana alla mercé di possibili speculatori internazionali e indebolendo, in modo indiretto, gli asset strategici del nostro Paese. La Bce ha corretto il tiro, dopo.

Il suo presidente però, con quel diniego silente, ha prodotto non soltanto frastuono ma conseguenze nei mercati, rendendoci deboli ai flussi speculativi e tirannici di famelici attori e di chi non aspettava altro che fare shopping acquisendo a prezzi stracciati i nostri gioielli di famiglia.

Per questo il Copasir (Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica), dopo aver consultato i Servizi Segreti, è intervenuto lanciando l’allarme ed ha richiamato la Consob segnalando il rischio di azioni aggressive tendenti a modificare assetti di controllo e di governance di società finanziarie e industriali italiane che devono rimanere nell’alveo del nostro interesse nazionale. Le parole del presidente Lagarde, forse assist involontario ad affaristi pronti ad approfittare dello stato di emergenza e salute precaria in cui siamo, vogliamo crederlo, ci rappresentano anche un altro aspetto non di poca importanza.

Che forse è arrivato il momento di spalancare le porte al disagio, condiviso da molti, verso questa Europa tecnocratica e che bisogna iniziare a essere più Umani, in connessione più che profonda con i nostri interessi. Oltre che è giunto il momento di chiedere a questa “Europa” di cambiare passo e dirigersi verso quella fonte comune e condivisa di Valori e Principi che entra irrimediabilmente in contrasto con il silenzio e iniziare a conformarsi al sacrificio dei tanti che, oggi, stanno dando più di quanto possa avergli concesso la propria umanità.

E dentro questa dimensione scavano, combattono, lottano ogni giorno. In prima linea. La stessa che dovremo allungare per tirare le somme e scegliere in che direzione l’Italia vuole andare e come. Possibilmente senza inutili ancoraggi al passato ma solo con la forza di voler costruire un nuovo presente.

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Graziano Petrucci

Graziano Petrucci

Laureato in Giurisprudenza alla Federico II di Napoli è iscritto all’Ordine degli avvocati. Giornalista pubblicista, si è perfezionato con un master a La Sapienza in «Geopolitica e sicurezza globale» e ha frequentato il master in «Intelligence e Sicurezza» presso La Link Campus University di Roma. Cura la rubrica «Caffè Scorretto» per il quotidiano di Ischia e Procida Il Golfo. Componente dell’associazione «Studi Tradizionali e filosofici Raimondo Di Sangro» di Napoli che si dedica allo studio delle civiltà del passato per una migliore conoscenza del presente. Scrive brevi racconti per «La rivista intelligente.it». Si occupa di comunicazione.