Il peggiore dei mondi possibili

Il peggiore dei mondi possibili

George Orwell (1903 – 1950) è probabilmente il saggista più bistrattato da quando pubblicò “1984” il romanzo che descriveva l’Inghilterra del futuro.

Probabilmente perché tutta la sua opera è libera da pregiudizi ideologici e si limita a descrivere i fatti storici del suo tempo con una prospettiva di lungo periodo.

Con 1984 Orwell prosegue la sua lotta contro i totalitarismi iniziata con la pubblicazione della “Fattoria degli animali” del 1944.

La Pravda del 12 maggio 1950 così recensì l’opera: “Il sordido libro di Orwell è perfettamente in linea con la politica ispiratrice della propaganda americana”. Orwell fu un attento osservatore dei fatti politici del suo tempo ed un acuto anticipatore di quelli che seguiranno fino ai nostri giorni.

Egli era convinto che “Tutti i movimenti nazionali, ovunque, persino quelli che nascono dalla resistenza alla dominazione tedesca, sembrano assumere forme non democratiche raccogliendosi intorno a Fuhrer superomistici”.

E ancora: “Ovunque il mondo sembra andare nella direzione di un’economia centralizzata che può funzionare in senso economico ma non è organizzata democraticamente e tende a istituire un sistema di caste”.

Infine: “La Storia ha già cessato di esistere, ovvero non esiste una Storia dei tempi in cui viviamo che potrebbe essere universalmente accettata”. La verità oggettiva non c’è più. Al suo posto d’ora in avanti, afferma Orwell, avremo solo propaganda.

Alla luce di questi scritti, è impressionante la capacità precorritrice dell’Autore. Basti pensare alla nascita in Italia di una Resistenza antifascista ma non anticomunista, dunque di per sé illiberale, guidata da un Partito comunista filo sovietico e raccolta intorno a Palmiro Togliatti; oppure ai devastanti effetti di politiche economiche accentrate così amate dalle caste di politici e burocrati nemiche della libertà economica e della libertà dell’individuo; o, infine, al dibattito in corso sulle cosiddette fake news.

Nonostante questa analisi piuttosto pessimistica, Orwell tuttavia era convinto che l’Inghilterra fosse comunque l’unico baluardo.

La sua convinzione si fondava sul fatto che gli inglesi non avrebbero mai accettato di perdere le libertà individuali.

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Redazione

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