L’11 settembre vent’anni dopo: quanti passi indietro abbiamo fatto da allora?
Vent’anni oggi, vent’anni dagli attentati che hanno cambiato la storia dell’umanità (e degli apparati di sicurezza), vent’anni di guerre in Medio Oriente, vent’anni di vittime innocenti.
Potrebbe già bastare per fare un bilancio, ma qui vogliamo interrogarci su cosa sia davvero cambiato d’allora e capire quanti (non se) passi indietro abbiamo fatto da quella tragica data del 2001.
2.977 vite spezzate e oltre 6mila feriti, il disastroso risultato a seguito dell’attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono condotto da un gruppo di terroristi legati ad Al-Qaida, che miravano a mettere in discussione la sicurezza degli Stati Uniti.
Moltissime ombre, poche luci, su quanto realmente accaduto, sulle motivazioni intrinseche degli attentati, e persino sui veri responsabili. Lo stesso Bin Laden, fondatore di Al-Qaida, ritrattò più volte e in maniera molto ambigua il suo coinvolgimento e quello di Al-Qaida in quegli attentati, salvo confessare le sue presunte (e mai provate) responsabilità solo nel lontano 2004. Lo stesso non fu mai incriminato per quegli attacchi dai governi USA, salvo poi ucciderlo a sangue freddo nel 2011 in Pakistan, dopo una caccia all’uomo durata dieci anni.

Dal 2001 il mondo occidentale, sotto completa egemonia USA, aveva dichiarato guerra al terrorismo islamico in Medio Oriente, ed una serie di fallimenti militari, ma soprattutto umanitari, hanno accompagnato l’azione degli Stati Uniti e dell’Alleanza Atlantica in questi venti anni.
Eh già, perché seppure la coalizione abbia “vinto” diverse guerre, come la Seconda Guerra del Golfo, con una formazione di 35 stati contro l’Iraq, citando come causa il coinvolgimento di Saddam Hussein nel sostegno al terrorismo, salvo poi negare questa circostanza tre anni dopo attraverso le stesse parole del Presidente Bush, è innegabile constatare il fallimento dell’azione occidentale contro il terrorismo.
L’invasione dell’Afghanistan, nell’ottobre 2001, diretta a distruggere Al-Qaida ed i Talebani, considerati loro protettori, segna l’inizio della fine di un popolo, di una nazione, che vent’anni dopo, nell’esatto periodo del ricordo della tragica ricorrenza, si ritrova abbandonata completamente a sé stessa, senza che si sia fatto alcun passo avanti nella ricerca della sicurezza e della pace globale. Gli Stati Uniti, come ben sapete, hanno deciso il ritiro unilaterale completo delle truppe americane dall’Afghanistan, conclusosi il 30 agosto scorso, con il conseguente ed inevitabile ritiro di tutte le truppe occidentali sotto guida americana.

Il risultato? Vent’anni di guerra in cui il Paese è stato distrutto, Paese che ora è nuovamente sotto il completo controllo dei Talebani, tornati al potere ancor prima del completamento del ritiro americano.
Passi avanti ne son stati fatti? Forse sì, sui temi dei diritti delle donne e delle libertà, ma moltissimi passi indietro son stati fatti dall’occidente nel modo con cui ci si interfaccia con il mondo orientale. Di fatto l’Afghanistan ha rappresentato il più grande fallimento politico-militare dell’intero occidente dopo la Guerra del Vietnam. Basta osservare la situazione odierna in quei territori.
Nuovi gruppi terroristici si sono formati e hanno seminato migliaia di vittime nel mondo in questi anni: parliamo dell’ISIS e non solo, così come di altre organizzazioni paramilitari islamiste sparse per il Medio Oriente e l’Africa.

Non si può dire che la prolungata occupazione e presenza militare degli Alleati in quegli Stati sia stato un bene per quei popoli e per i processi politico-sociali avvenuti al loro interno. Il tentativo di sradicare culture e civiltà antichissime, per sostituirle con democrazie eterodirette dall’occidente, tramite la forza militare, ha prodotto solo un inevitabile peggioramento delle relazioni internazionali e del modo con il quale i popoli medio-orientali guardano l’occidente e l’Europa, trasformando le loro speranze in odio.
La commemorazione dei vent’anni da quel tragico 11 settembre avviene proprio in concomitanza con la presa d’atto del fallimento totale della NATO e dell’occidente in Afghanistan, e questo non può che suggellare una politica estera americana con una visione distorta della democrazia, la quale è stata esportata solo con bombe e carri armati che hanno seminato morte e distruzioni fra i popoli e i civili.
Un 11 settembre amaro non solo per i morti che abbiamo contato nel 2001 e negli anni a venire, ma anche per l’inutilità, o peggio, per la dannosità devastante dell’azione occidentale nel mondo.
