La storia del Cristo morto di Procida, ospite nella chiesa di San Sebastiano a Forio

La storia del Cristo morto di Procida, ospite nella chiesa di San Sebastiano a Forio

Oggi ho ammirato la spettacolare scultura lignea settecentesca del Cristo morto di Carmine Lantraceni. Ho avuto la fortuna di sapere dell’esposizione insieme a Giuseppe Colucci, grazie ad un incontro con Marcello De Rosa.

La statua lignea fu costruita nel 1728 da uno scultore che aveva la sua bottega a Napoli, a San Biagio dei Librai, dove da tempo immemore c’erano i “pastorai” che costruivano i presepi, il suo nome è Carmine Lantriceni, di lui non si sa molto: forse di origine pugliese o molisana perché in quelle due regioni sono presenti diverse sue opere. Lantriceni era “pastoraio”, certamente non dei più costosi, perché la congrega non poteva permettersi l’intervento di artisti troppo richiesti.

Ciò nonostante, il risultato fu strepitoso: questa statua non rappresenta Gesù Cristo, bensì un uomo esausto, frustato, preso a schiaffi, nel momento in cui è stato deposto dalla croce e coricato a terra, ancora con le gambe incrociate, prima che la madre lo prendesse in braccio, nel gesto della celebre Pietà. Il Cristo del Lantriceni ha lo sguardo perso nel vuoto, osservando il naso, la lingua e gli occhi vitrei, spenti, si intuisce la sofferenza del figlio di Dio fattosi uomo, che ha sofferto come un uomo.

Il Lantriceni doveva essere un grande conoscitore dell’anatomia umana: i muscoli sono disegnati alla perfezione, perfino le vene ingrossate, le vene di un uomo che è stato crocifisso, maltrattato, ferito. Guardando il Cristo del Lantriceni non si può non pensare ad altre due opere simili: una è il Cristo di Matteo Bottiglieri, esposto nel Duomo di Capua, simile ma di marmo e leggermente più sollevato di schiena per la presenza di due cuscini (il Cristo del Lantriceni ne ha uno solo, turchese in origine, che rimanda all’abito della confraternita).

Il secondo Cristo che mi torna alla memoria è il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino nella Cappella Sansevero che si pensa possa essere ispirato al Cristo di Procida. Se confrontiamo le date, il Cristo del Bottiglieri è del 1722, quello di Lantriceni è del 1728, mentre quello del Sanmartino è del 1750. Perché il Sanmartino potrebbe essersi ispirato al Cristo di Procida? Perché i procidani quel Cristo il Venerdì Santo lo portano in processione velato e sotto quel velo nero ricamato in oro, sembra che ci sia veramente una persona, come a dire, “viva, viva di carne”. A differenza degli altri due, di marmo, il Cristo ligneo del Lantriceni, meno pesante, era stato pensato sin dall’origine per essere portato in processione.

Oggi il Cristo morto di Procida è conservato in una teca trasparente: nel tempo ha subìto vari deterioramenti a causa dei tarli e dei trasporti nelle processioni.

L’alluce destro fu reincollato maldestramente con colle non professionali, Nel corso degli anni finalmente ha subìto due restauri: il primo nel 1990, quando fu portato all’Istituto di Belle Arti a Napoli per un trattamento antitarlo, il secondo nel 2018 quando i fori vennero stuccati e la superficie ridipinta con colori acrilici fedeli agli originali. Un quadratino, lasciato come testimonianza, ci fa vedere come in origine il basamento della statua non fosse nero e dorato, come noi lo vediamo ma fosse di color granito-bordeaux. Anche il guanciale, in origine era turchino.

Durante il restauro, poi, si è scoperto che la statua non è ricavata da un unico pezzo di legno, ma dall’assemblaggio di più pezzi, “incatenati” tra loro per mezzo di ferri ricurvi. A causa del trasporto per mezzo delle maniglie, il basamento negli anni si è inarcato e finalmente è stato appoggiato su una tavola per evitare ulteriori danneggiamenti.

Una leggenda metropolitana narra che il Cristo morto l’avesse costruito un carcerato, un ergastolano… ma sono tutte sciocchezze perché il carcere è stato istituito a Procida nel 1830, cento anni dopo che il Lantriceni l’avesse scolpito. Sembra però che quest’ultimo fosse un violento e che fosse stato in carcere perché aveva tirato un martello a un ragazzo di bottega che aveva sbagliato un bozzetto, da qui forse la fantasia popolare.

460 Visualizzazioni
Ylenia Pilato

Ylenia Pilato

Nasce a Lacco Ameno, il 15 Ottobre del 1986. Artista originale che si impegna con passione. L'elemento che accomuna le sue opere è la tecnica del collage di stoffe, che assimila alla pittura con espressività onirica.