IL MAL DI VIVERE DEI GIOVANI ISCHITANI

IL MAL DI VIVERE DEI GIOVANI ISCHITANI

Spesso diciamo e scriviamo che su Facebook transitano ormai solo messaggi spazzatura, fake news, parole di odio o spot subliminali a fini commerciali. Non solo su Facebook, i giovani passano da un social ad un altro ritenuto più selettivo e meno imbastardito dai leoni da tastiera, ma presto si rendono conto che è tutto uguale (è come il compulsivo passaggio da una compagnia telefonica ad un’altra, tranne ad accorgersi che non c’è differenza sostanziale). Perfino un giornalista di livello come Antonio Polito abbandona X (ex Twitter), deluso dalla politicizzazione del social ad opera di Musk e stufo di dover sempre affilare le armi dialettiche per sconfiggere l’avversario virtuale del momento. Ma non è sempre così. Restando nell’ambito isolano, segnalo che ha suscitato grande interesse un messaggio partito da una dottoressa, condiviso su FB, riguardante i possibili effetti provocati, in una località turistica come Ischia, dalle forti oscillazioni di numero di persone, umori, eventi, tra inverno ed estate. Dimostrazione che il problema segnalato esiste e va analizzato. Sul tema anche il Dirigente scolastico dell’IPS “Telese”, prof. Mario Sironi, ha evidenziato – in un’intervista rilasciata a Gennaro Savio per Il Golfo, un forte disagio giovanile, determinato, in molti casi, dall’abisso emozionale tra un’estate effervescente e un inverno soporifero, tra un “pieno” di sensazioni, contatti, affari e un “vuoto” di servizi, locali di ristorazione e intrattenimento che chiudono, occasioni di incontri e relazioni che si affievoliscono.

Dice Sironi: “Noi viviamo tre mesi in una Ferrari e nove in una Topolino”. Conosco la prima e più frequente obiezione a questa considerazione: “Scopriamo l’acqua calda, perché a Ischia è sempre stato così, non è una novità”. Ma l’obiezione non regge. Fino a qualche decennio fa, era diverso il contesto familiare, vigeva la famiglia allargata (genitori, nonni, qualche zio o zia zitella, figli anche dopo sposati) e c’era un trismo prevalentemente tedesco che non occupava solo tre mesi ma almeno la metà dell’anno. C’era dunque meno stacco tra una stagione e un’altra, c’era un tessuto relazionale più intenso e continuo, tanto che – in diversi casi – ischitani sposavano stranieri, a conferma di un intreccio sociale più solido. Ma non basta questa considerazione, bisogna andare più a fondo, studiare la sociologia. E proprio di recente, un eminente sociologo italiano, Luca Ricolfi, in un’analisi su Il Mattino di Napoli, ci ha svelato “Il Mal di vivere nell’era virtuale”. Ha dimostrato come il decennio 2010-2020 ha costituito una svolta, una rivoluzione sociologica avvenuta nella società globale e, sappiamo, che i fenomeni globali trovano, in realtà insulare e circoscritta come Ischia, una cassa di risonanza che ne amplifica enormemente gli effetti. Cosa sostiene Ricolfi? “I problemi di disagio – scrive – che stanno investendo i giovani, ansia (guerre, epidemie, problemi ecologici), depressione, autolesionismo, disturbi alimentari, suicidi, tali problemi si intensificano nella fascia di età giovanissima (dai 10 ai 19 anni) e, in particolare, tra le ragazze. Egli cita lo studio sociologico effettuato da due scienziati: Jonathan Haidt e Zach Rausch. Questi hanno scoperto che l’aumento del disagio giovanile ha una precisa datazione: 2010-2020. Questo perché – a detta dei sociologi – tale periodo coincide con l’acquisizione da parte di Zuckerberg (inventore di Facebook) di Instagram e nasce l’I-phone 4. L’I-phone 4 è lo smartphone che permette un comodo accesso a Internet e ai social nonché i selfie e la diffusione di foto e immagini. Insomma viene sollecitato l’ego e la voglia di mostrarsi, esibirsi, battere avversari virtuali.

“Competizione” è il risultato finale di questa rivoluzione tecnologica. E si sa, competere vuole dire anche, prima o poi, conoscere sconfitte, fallimenti, delusioni, disagio fisico e mentale. Insomma, mentre prima un adolescente aveva tanti requisiti da far valere nella vita e nelle relazioni con gli altri: bellezza, intelligenza, sensibilità, empatia, dopo il rivolgimento tecnologico, conta solo l ‘estetica, l’apparenza, che un’altra illustre sociologa (britannica) Catherine Hakim, ha definito “capitale erotico”.

Da ultimo registriamo un mini fenomeno nel fenomeno: i baby influencer, bambini di 8-10 anni, con profili Instagram, che vengono usati da genitori senza scrupolo per contratti pubblicitari di noti brand. Quadro fosco e allarmante, su cui il New York Times e il Wall Street Journal hanno lanciato un accorato appello, soprattutto contro certe sollecitazioni ed ammiccamenti sessuali a danno dei bambini. I figli in vetrina, in vendita, trattati come meri oggetti. “Che fare”? si chiede – alla fine – Luca Ricolfi: “tirarsi fuori” è la sua risposta. Mettersi al riparo dalla tirannia dei social, a meno che non si abbia la forza di partecipare al gioco nella misura che basta a non rimanerne travolti. La sigla che testimonia questa forma di resistenza anti social è “Jomo” (Joy of missing out), la gioia di restarne fuori!

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Franco Borgogna

Franco Borgogna

Giornalista "glocal" e' la mia ambizione, un indagatore della società locale, consapevole che Ischia e' parte di un mondo dai confini vasti e che ciò che succede nel mondo globale si riverbera sull'isola così come le sorti del patrimonio naturale e culturale di Ischia riguardano il mondo intero.