BOTTI DA ORBI!
Dobbiamo andare molto a ritroso nel tempo, per comprendere i motivi ancestrali per cui buona parte del popolo rimane legata alla tradizione dei botti, ed in particolare di quelli più assordanti e fastidiosi, che vanno sotto il nome di “Diana”. Una cultura tribale di origine pagana, mutuata poi dal mondo cattolico, riteneva che per allontanare gli spiriti maligni dalla propria famiglia fossero necessari rumori fragorosi e scoppiettanti. E la società moderna, che eredita questi riti, è combattuta tra due eccessi: da un lato l’ingessatura delle tradizioni qualsiasi che, nel corso del tempo, perdono anche il senso e il ricordo delle motivazioni che ne sono alla base; d’altro lato la cosiddetta “cancel culture”, la tentazione cioè di cancellare qualsiasi traccia di usi e costumi che si ritengono antiquati e superati.
Ci può essere, tra questi due estremi, una soluzione mediana, ragionata, sostenibile e conciliabile con gli interessi di tutti? A mio avviso sì, se evitiamo di fare crociate ideologiche, che prescindano dalla ragionevolezza. Poi, certo, qualcuno dirà che non esiste solo la ragione, in quanto nella vita umana occupa un posto di rilievo anche la “passione”, il sentimento. Ed è vero. Allora cerchiamo di coniugare ragione e passione. Da un lato abbiamo un grande sociologo dell’800, Max Weber, il quale predicava il trionfo della razionalità e il distacco necessario da ogni inutile credenza, superstizione, facendo salva la libertà religiosa e di culto e senza negare l’importanza della spiritualità e dei valori religiosi. E ancor prima di Max Weber, Socrate era convinto che fosse sempre e solo questione di ragionamenti.
Per quest’ultimo il “desiderio” umano discendeva esclusivamente dal considerare che se una tal cosa, un oggetto, un obiettivo sia utile e piacevole, da quel momento incominciamo a desiderarlo. Ci pensò poi Euripide, col suo teatro, a ricondurre l’uomo a essere che, oltre che dalla ragione, è dominato anche dalle emozioni, dal sentimento, dalla passione. Ecco il punto di congiungimento, di mediazione che noi, oggi, dobbiamo trovare e che gli antichi si erano già proposto di fare. Premesso tutto questo, per dare una base culturale solida alla tesi che vogliamo sostenere, c’è, nella nostra isola, un problema su cui abbiamo il timore, ma anche il dovere, di soffermarci, proprio per la preoccupazione che la passione ci faccia perdere di vista la ragione o viceversa.
Questo problema è rappresentato dalla tradizione di sparare botti in diverse, troppe occasioni: per accompagnare l’uscita di un Santo portato in processione, o per festeggiare un matrimonio, una ricorrenza, un successo sportivo o per altri motivi. Può una società moderna, una realtà turistica internazionale andare a briglie sciolte nel tollerare botti intensi, fragorosi, a tutte le ore e anche ripetuti nel corso della giornata? Può farlo in spregio a qualsiasi attenzione per bambini, anziani, ammalati, per gli animali dall’udito sensibile? Può farlo in spregio a qualsiasi considerazione di inquinamento dell’aria (problema delle polveri sottili ma soprattutto di diossine che possono risultare cancerogene)? E’ ragionevole, è accettabile che un Comune emani un Regolamento per fissare orari, modalità, distanza dall’abitato nell’interesse di tutti? Sì che può farlo e lo si deve fare.
E tutto questo non offende affatto la sensibilità religiosa. Davvero l’intensità dei botti misura il grado di fede di una comunità? Davvero è necessario che la “Diana” venga effettuata di prima mattina e con botti violentissimi? Papa Francesco, a novembre 2016, in un discorso nella Chiesa sconsacrata di Santa Marta ebbe a dire: “Il Regno di Dio non è una religione dello spettacolo, come i fuochi d’artificio, che ti illuminano per un momento e poi cosa rimane? Niente. Non c’è crescita, non c’è luce, non c’è niente, un istante. E tante volte siamo stati tentati da questa religione dello spettacolo. Davvero, per una presunta fede, scegliamo il niente, la luce di un attimo e poi il buio?”
Che la Diocesi di Ischia e Pozzuoli dica una parola rassicurante su questo tema! Altro discorso è quello dei fuochi pirotecnici artistici, meno rumorosi a eccezione del finale, magari accompagnati dalla musica. Sempreché avvengano nella sicurezza degli operatori e dei cittadini e con preavviso alle autorità preposte alla sicurezza pubblica. Ma cos’è la Diana? E’ una batteria di fuochi che origina dalla divinità latina e romana, per scacciare le avversità e gli spiriti maligni. Il paradosso è che Diana, figlia di Giove e gemella di Apollo, è anche protettrice degli animali selvatici, dei boschi, delle selve (tutto ciò che è minacciato da un’esagerazione di fuochi). Il nome Diana viene dal latino “dius” (della luce), con riferimento alla luce che filtra dalle fronde degli alberi. Tutto il contrario del “rumore”, del frastuono, della turbativa all’ambiente e alla Natura. Diciamo la verità, non se ne può più di botti assordanti e invasivi per ambiente, animali e persone fragili, senza nessun controllo. La “botta” fragorosa, secca, assordante non ha alcun fascino visivo, non è paragonabile ai fuochi pirotecnici artistici e ai piro musicali. Facciamo una scelta: stabiliamo chi, come, in quali occasioni, orari e modalità può accendere fuochi (non botti) e a che distanza dall’abitato. Vedrete che, in tal modo, avremo rispettato il sentimento religioso e arrecato pochi danni a persone, animali e ambiente.