L’AMERICA DELLA RIVOLUZIONE DEL LAVORO PRESTO CI CONTAGERÀ
Siamo distratti dall’azione autarchica, protezionistica, spartitoria dell’America con Russia e Cina, e ci sfugge il profondo cambiamento che sta avvenendo negli Stati Uniti, relativo al mondo del lavoro. Questa rivoluzione lavorativa, che cercheremo di interpretare e illustrare, è con ogni probabilità la traccia di un’evoluzione che presto contagerà l’Europa e l’Italia. Del resto è risaputo che tutti i fenomeni sociali che nascono in America prima o poi arrivano anche in Italia. Vediamo di che cosa si tratta.

Una lucida analisi è stata scritta in proposito da Mariangela Mistretta di Repubblica, esperta di fatti sociali americani. La giornalista registra il diffondersi di un profondo malcontento (burnout) che serpeggia nei lavoratori. Tale malcontento, per ora, non sfocia in dimissioni di massa dal lavoro attualmente esercitato. E’ un risentimento che viene covato come in una pentola a pressione al limite dello scoppio. Per ora non trova sfogo la rabbia, perché l’America attraversa una fase economica difficile, per cui non appaiono semplici allo stato le alternative di occupazione.

Avviene, in questo frangente quello che in America chiamano “Quite quitting” ovvero il “licenziamento silenzioso”, un rilassamento nel lavoro, un limitarsi e sbrigarlo al minimo indispensabile, senza regalare nulla di più ai datori di lavoro. Queste riflessioni sono state manifestate nel Worklife Trends 2025 Report, in cui emerge che il grado di insoddisfazione del lavoro svolto arriva al 65%. Si aspetta una ripresa economica per dare sfogo a questa voglia di cambiare lavoro, fenomeno che va sotto il nome di “revenge quitting” (dimissioni per vendetta). In particolare si è acuita questa insoddisfazione dopo lo stato di emergenza Covid. E’ avvenuto, infatti, che la scoperta di maggiori spazi per la vita privata, verificatisi durante il Covid con il lavori a distanza, non confermati a Covid debellato, ha deluso i lavoratori ormai abituati ad una vita privata più intensa.

Veniamo all’Italia e in particolare a località turistiche, come Ischia, caratterizzate da lavori stagionali ad alta intensità. Per un paio di anni si è preso l’abbaglio che la difficoltà di reperire manodopera fosse solo conseguenza del Reddito di Cittadinanza, che comunque un ruolo lo ha avuto. Ma il fenomeno della rarefazione di manodopera, soprattutto giovanile, nei settori turistico alberghiero e ristorativo, è dovuto in buona parte a una diversa concezione di vita che si va affermando. Non è più ritenuto accettabile che non vengano rispettati orari di lavoro, riposi, ferie, formazione professionale. I giovani sono disposti, anche se con titoli di studio superiore, a lavori umili, sempreché questi riescano comunque a rappresentare un trampolino di lancio per prospettive di lavoro più gratificanti.

E per fare ciò, non viene accettato il ruolo di tuttofare, facendo niente con professionalità e precisione. Si vuole preservare una vita privata, ricca di relazioni e di pratica di hobby e si vuole “crescere” specializzandosi in una determinata mansione e, naturalmente, si pretende il rispetto delle regole e retribuzioni. Addirittura in America si sta affacciando l’idea, per rendere più appetibile il lavoro, che si vada oltre il concetto di orario di lavoro, mirando al risultato. Si premia il dipendente non in base al numero di ore lavorative, bensì al risultato raggiunto. Tutte queste tendenze si manifesteranno presto anche da noi.
E’ ora che gli imprenditori del nostro turismo si rendano conto di questa evoluzione del mercato del lavoro e si adeguino. Ma non solo gli imprenditori, ciò deve essere compreso ed implementato anche dai Sindacati dei lavoratori e dal mondo politico. Le battaglie future per l’emancipazione dei lavoratori non dovranno vertere solo sull’applicazione dei classici contratti di lavori, ma bisogna lottare anche per una migliore vita familiare, privata e relazionale dei lavoratori. A un mondo nuovo deve corrispondere un lavoro nuovo.