La Grotta del Mago: tra leggende, misteri ed archeologia
Tutti conoscono il Castello Aragonese e gli splendidi scogli di Sant’Anna, eppure proseguendo su quel breve pezzo di costa che da Carta Romana che arriva “sotto” Campagnano nel comune di Ischia, è possibile ammirare un piccolo ingresso. Una grotta che nei secoli è riuscita a preservare tutto il suo mistero, i suoi segreti e la sua bellezza. Questo apparentemente piccolo anfratto noto oggi come “grotta del Mago”, ha assunto diversi nomi nei secoli. Grotta D’Argento per via dei suggestivi riflessi riprodotti al suo interno o Grotta di Terra e Grotta del Tempio del Sole, per via di un presunto culto risalente addirittura al Neolitico che poneva il Sole al centro di rituali propiziatori, così come accadde nella stessa epoca in gran parte d’Europa per le popolazioni indoeuropee.
Le prime notizie accertate sulla grotta risalgono al 1931, nello scritto “Leggende isolane, la Grotta del Mago” pubblicato sul periodico “La Cultura” di monsignor Onofrio Buonocore, (che tra l’altro ribattezzò la precedente grotta di Tisichiello, nell’attuale grotta del Mago). Il prelato racconta di storie raccolte direttamente dalla tradizione orale tramandata dai pescatori di Ischia Ponte, di come loro raccontavano che in alcune notti con il mare piatto e il vento fermo, si potesse intravedere nei pressi della grotta la figura di un vegliardo, con una lunga barba e dei fluenti capelli d’argento, circondato da tre bellissime donne danzanti.
Il valore sacrale che nei secoli è stato attribuito alla grotta e ad altri importanti siti, in linea con la visione animistica dei primi abitanti dell’isola, è un elemento più che probabile, ma che purtroppo a oggi per scarsità di mezzi e di ricerche serie non trovi riscontri ufficiali.
Il professore Mario Puglisi nel 1950 fece notare come all’interno della grotta sia possibile osservare frammenti di roccia disposti secondo un senso ben preciso e di come alla base di una parete sporgente situata nei recessi più profondi della caverna, egli stesso sia riuscito a trovare i resti di un amuleto di bronzo che trova molte analogie con i criteri dei culti solari preistorici. Continua descrivendo come i culti solari dell’antichità abbiano in comune dei canoni ben precisi: “I culti solari, culti magici religiosi domandano un’ara, un obelisco, dei segni incisi sulle pareti delle caverne, ed è sorprendente che questi segni si ripetano identicamente”. Lo stesso può dirsi delle grotte, disposte verso Oriente e divise, generalmente, in tre sezioni, nell’ultima delle quali si accede per via di una lunga e buia galleria. L’ultima sezione, la più profonda, è fornita di una finestra volta a Oriente, in modo da accogliere i raggi solari nel solstizio che fissa la nascita dell’anno, il periodo festivo. I segni e i petroglifi magico religiosi precedono nel tempo gli idoli: quando questi appaiono, il culto solare si è già trasformato in idolatria. Ma in principio si adorò la luce, la potenza, il calore, la vita, una qualità luminosa, come emerge ancora nei famosi inni dell’antico Egitto.
Oggi è possibile visitare la grotta solo parzialmente, le gite organizzate, infatti, mostrano solo l’ingresso, per i più arditi è invece possibile proseguire a nuoto oltre l’entrata, addentrandosi tra le grandi pareti levigate della cavità, proseguendo lungo un tunnel lungo 37 metri e largo 2. Superato il tunnel, è possibile osservare l’ultima parte, composta di un’ampia campata centrale alta circa 35 metri per 30 di larghezza, con centro quella che sembrerebbe un’ara. Verso l’estremità più interna la stanza va restringendosi provocando una leggera risalita della parete, così da formare un piccolo e affascinante lembo di spiaggia.
Bisogna far presente che le misure citate siano il frutto di esplorazioni non professionali, ottenute senza l’ausilio di moderni mezzi tecnologici, infatti, incredibilmente a oggi nessuna spedizione di questo tipo è stata attuata nella misteriosa Grotta del Mago. Le informazioni in nostro possesso sono il frutto di esplorazioni svoltesi negli ultimi 60 anni, da studiosi, artisti e aspiranti avventurieri, perciò è naturale avere qualche dubbio in merito alla precisione dei dati.
Le suggestioni e le ipotesi che ruotano intorno a questo particolare sito, ovviamente tengono conto del fenomeno tutto campano del bradisismo. È noto, infatti, come l’intera isola d’Ischia sia soggetta a un lentissimo ma costante inabissamento che giustificherebbe l’utilizzo della grotta in tempi remoti senza aver bisogno di accedervi esclusivamente nuotando. Nel corso degli ultimi 60 anni si è accesa una vera e propria diatriba accademica sull’origine e dell’utilizzo della caverna e in passato vide coinvolti il celebre Giorgio Buchner, il geologo Immanuel Friedlander e molti altri studiosi. Il Buchner riteneva che la grotta fosse una semplice formazione naturale mai utilizzata dall’uomo in nessun modo, ritualistico o meno. I petroglifi e i simboli al suo interno sarebbero opera della lava vulcanica, avvenuta alla nascita della grotta stessa. Tuttavia nel 1965 il professor Alfonso Fresa confermò sulla base di calcoli astronomici che l’orientamento del sistema di grotte è tale per cui era possibile, parecchie migliaia di anni fa, osservare direttamente il Sole dal suo interno, sull’orizzonte del mare all’epoca del solstizio d’inverno. “In queste caverne d’Ischia il caso non poteva fornire ai primi abitatori dell’isola una sede naturale più adatta per la celebrazione del culto del sole”.
L’isola d’Ischia memore delle vicissitudini del titano Tifeo, regala ancora oggi perle come la Grotta del Mago, che almeno per ora è riuscita e custodire i propri segreti, grazie alla complicità di un mare mutevole e capriccioso che di certo deve aver influenzato la vita e i costumi dei primi abitanti che all’epoca doveva essere un vero e proprio paradiso terrestre, avvolto di leggende e misteri.