Come ti cambia la vita quando subisci una coltellata
Lunedì 6 aprile 1999, ore tre di notte, nel locale notturno molto in voga di quegli anni, lavoravo in cucina. Erano gli anni che con la forza di un giovane facevo doppio lavoro, eravamo in chiusura, una serata molto riuscita perché era il lunedì di Pasquetta.
Avevo appena finito di pulire e chiudere la cucina, mi accinsi verso il bancone del bar, un mio collega stava asciugando gli ultimi bicchieri. In quel momento, nonostante il locale fosse chiuso, ci stava un tunisino che sorseggiava una birra, era un poco alticcio. Mi avvicinai e, con tanta calma ed educazione gli dissi che il locale era chiuso, che la birra se la poteva portare o al massimo ritornare il giorno dopo per averne una gratis.
Io stavo appoggiato al bancone col mio fianco destro e lui di fronte a me, fece la mossa con la sua mano destra come se stesse prendendo dei soldi dalla sua tasca posteriore del pantalone. Fu un attimo, cacciò un coltello e mi tagliò la faccia. Non mi resi conto di cosa mi avesse fatto, non avvertii nessun dolore, mi girai verso lo specchio che stava dietro il bancone, vidi il mio volto aperto la mia guancia sinistra era appesa, si intravedevano i denti posteriori, persi tantissimo sangue.
I miei colleghi intervennero e lui riuscì a dileguarsi, chiamarono subito l’ambulanza e i carabinieri. Dopo pochissimo tempo arrivarono prima i carabinieri, la stazione di Forio si trovava a due passi dal locale, il maresciallo cercò in tutti i modi di calmarmi, mi invitava a non toccarmi la faccia.
Arrivò l’ambulanza e mi portarono in ospedale dove il chirurgo di turno mi ricostruì la guancia sinistra apponendo 60 punti, 7 furono i punti sulla gengiva superiore e altri 4 all’attaccatura della bocca con la guancia sinistra.
Li sentii uno ad uno perché applicati senza anestesia, ero allergico a quei tipi di medicinali. Pensavo tra le lacrime che, dopo questa vicenda, la mia fidanzata (oggi mia moglie) mi avrebbe lasciato per il volto completamente deturpato. Mia madre prese un forte spavento.
Il tunisino venne catturato poco dopo il fatto, come se nulla fosse si andò a bere un’altra birra in un altro locale. I carabinieri trovarono sotto una macchina il coltello con il quale mi aveva colpito. Durante la sua perquisizione corporea gli trovarono un altro coltello che fortunatamente non usò perché era stato cosparso con una sostanza che avrebbe creato una reazione chimica facendo sciogliere i punti di sutura. In sostanza sarei morto dissanguato.
La mia vita cambiò drasticamente, ero pieno di paure soprattutto quando incontravo per strada altri nordafricani. Furono mesi difficili, ancora oggi mi comporta dei disagi.
Il tunisino fu condannato a 4 anni di reclusione e se li fece tutti, durante la sua assenza forzata dalla famiglia, gente comune cercò di non far mancare nulla ai suoi figli, loro non dovevano pagare lo scotto di un padre criminale.
Il racconto di questa mia storia deve far capire ai gestori dei locali notturni di attrezzarsi con mezzi elettronici per individuare metalli, metal detector, posti all’ingresso delle attività. Non è giusto chiudere il locale e vietate ai tanti giovani di divertirsi. Meglio prevenire che combattere.