IL VIZIO DEI MEDIA ISOLANI: DARE SPAZIO SOLO A CHI HA UN RUOLO ISTITUZIONALE, IMPRENDITORIALE O PROFESSIONALE
Franco Borgogna
A dimostrazione che l’isola ama poco la cultura vera e la competenza effettiva e privilegi chi, per merito o fortuna o eredità, occupa un ruolo istituzionale, imprenditoriale o professionale, il quotidiano Il Golfo ha amplificato un editoriale di Mimmo Barra, dirigente Aretur, sulla disciplina dei taxi e avviato una campagna di interviste sul tema agli imprenditori che contano. Ma vorrei chiedere, con rispetto, a Barra: cosa fa Aretur per il turismo campano e come mai Aretur non si accorge che alla Stazione Centrale di Napoli, c’è un servizio taxi vergognoso e paracamorristico?
L’imprenditrice Elena Leonessa registra che sono migliorate le cose alla stazione marittima di Napoli, ma molti dei turisti diretti anche ad Ischia, prima ancora della stazione marittima (che comunque non è un modello di funzionalità) arriva alla stazione ferroviaria di Napoli, dove rimangono in balia di un’organizzazione dei taxi che “sceglie” i passeggeri, in fila di attesa, secondo le aspettative di maggiore remuneratività del tragitto (gli americani prima di tutti).
Quello del disordine del servizio taxi e del loro scarso decoro e capacità di accoglienza turistica è un tema dibattuto da anni, come la necessità di approvare un unico Regolamento isolano e (aggiungo io) l’opportunità di unificare i sei comandi vigili urbani. La sottolineatura dell’editoriale di Barra ha fatto apparire la sua proposta come “un nuovo progetto turistico”, che tutti attendevano.
E’ il vizio dei media isolani: se intervisti un assessore qualsiasi di uno dei 6 Comuni, l’intervista acquista (si badi bene non per i lettori o gli spettatori Tv, ma solo per chi conduce il media) un valore da prima e seconda pagina o da fascia di prima serata nel caso della televisione. Se ad esprimere un’opinione è una persona che magari nella vita è un impiegato, un professore di scuola, un esercente, un commerciante, gente semplice insomma, ma competente e dotata di ottima formazione culturale, magari brillantemente laureata, tutto questo – per i media – non conta niente. Conta solo il “ruolo” che sei riuscito (per merito, fortuna o con la “spintarella” non importa) ad occupare.
Eppure nelle tante Associazioni culturali isolane, nelle molteplici Associazioni di volontariato, tra i giovani che lavorano solo a intermittenza o tra i pensionati che non si arrendono all’idea di nullafacenti, in altre espressioni della società civile (ma i media sanno cos’è la “società civile”? Hanno una minima cognizione di quello che ha scritto in proposito Antonio Gramsci o Norberto Bobbio che spiega il valore in Gramsci della “società civile”?) in mezzo a tutti questi, esistono risorse intellettuali, morali (soprattutto morali) e di impegno civico che le figure cosiddette istituzionali o imprenditoriali o dei professionisti alla page si sognano di avere.
Del resto, siamo un’isola abituata a sottostare al potere, in un rapporto insano e masochistico vittima-colpevole. Vogliamo farci del male esaltando chi, anche fortunosamente, occupa un ruolo troppo grande per le sue qualità. Aveva ragione Gramsci a privilegiare la società civile rispetto alle istituzioni. E’ in essa che si annida la speranza di un ribaltamento etico-politico e culturale. E la libertà di espressione difficilmente può trovarsi in quei mezzi di comunicazione che, pedissequamente e con sudditanza psicologica, ossequiano “statue e statuette” istituzionali che non sono in grado di comprendere e di trasformare adeguatamente la realtà viva.