I NOSTRI AVI, LE NOSTRE NONNE USAVANO FARE IL BUCATO CON LE ACQUE DEI RUSCELLI ANCHE AL NORD

I NOSTRI AVI, LE NOSTRE NONNE USAVANO FARE IL BUCATO CON LE ACQUE DEI RUSCELLI ANCHE AL NORD

Udine – Le rogge udinesi sono corsi d’acqua del torrente Torre convogliati verso il Cormôr, da nord-est a sud-ovest, sfruttando la naturale pendenza del territorio. La freccia in foto indica dove le donne venivano a fare il bucato. Ovviamente, ciò mi ha portato alla mente la nostra Nitrodi di cui vi fornisco vecchia foto. I nostri avi, le nostre nonne, usavano fare il bucato con le acque che scendevano a valle. Quando ancora le abitazioni era prive di acqua potabile si andava a lavare al fiume o al lavatoio pubblico.

La madre di famiglia di una volta, oltre a quest’onere, aveva il carico di tutta una serie di adempimenti a cui non poteva sottrarsi: andare ad attingere l’acqua alla fonte, cucinare, rattoppare, cucire, rassettare la casa, badare ai figli, andare al mulino per la farina, preparare il pane, lavorare al telaio ecc. ecc. Mia nonna materna scendeva da Buonopane cu lu cufaniello (cesto in vimini o altro materiale) in testa, e due gemelli (mio zio e mia madre) piccoli, in altri due cesti (destra e sinistra). Arrivata nel terreno, li adagiava al fresco dentro una fratta (buca del terreno; potrebbe derivare dal latino fràctus, cioè rotto, rompere) e si dedicava al raccolto e/o alle fatiche del terreno.

Non camminava scalza ma, dato il lavoro di mio nonno marittimo, aveva sandali di cuoio per lei e per i suoi figli. Così le donne di un tempo andavano presso i corsi d’acqua e, in ginocchio tra qualche pietra, cominciavano a lavare: si bagna, si insapona, si sfrega, si torce. Si battono quelle stoffe…

Un lavoro faticoso con le mani che si “strufinano”, con le ginocchia che a forza di stare nell’umido fanno male. Quella vita era dura come del resto lo era quella di tante altre donne.

Ma uno degli aspetti felici di quel pesante mestiere era la socializzazione perché il lavoro era individuale ma non solitario. Nonostante la fatica, o proprio per esorcizzarla, quelle donne trovavano piacere a parlare tra di loro, a scambiarsi notizie e a fare anche qualche inevitabile pettegolezzo. Qualche volta, specie col bel tempo, prendevano anche a cantare.

Il sapone allora era un bene prezioso da usare con parsimonia e maestria, e se il pezzo del sapone scivolava di mano lo si rincorreva fino dentro al fiume o corso d’acqua.

Al fiume le lavandaie andavano o a lavare o a risciacquare il bucato fatto nelle case (vi ho già parlato della liscivia e del sapone molle).

Ma nelle case non c’era tanta acqua per risciacquare quei panni che venivano portati al fiume, all’acqua corrente finché a forza di sbatterli non ne usciva acqua chiara segno che tutto quel lavoro era da considerarsi finito.

Fonti: Ivano Di Meglio; lavocedelserchio; nelloblancatoblog

478 Visualizzazioni
Ivano Di Meglio

Ivano Di Meglio

Eterno studente, scavo nei meandri del passato per trovare l'identità collettiva che porti al traguardo della consapevolezza. Mi occupo di cognomazione, Medioevo e usi locali. Cerco instancabilmente atti, prove e quant'altro mi consenta di ricostruire spaccati di vita lontana e vicina.