Il pensiero liberale
La cultura liberale esprime un movimento di pensiero che ha avuto radici europee e proiezioni internazionali.
A partire dai grandi classici come Adam Smith passando per gli austriaci con il loro metodo di indagine che parte dall’individuo (Friedrich von Hayek e Ludwig von Mises) e gli italiani maestri della scienza delle finanze (Luigi Einaudi e Bruno Leoni) per finire agli americani della Scuola di Chicago (Milton Friedman e George Stigler).

Tuttavia ogni Paese ha la sua storia e questo vale anche per la storia del liberalismo italiano che nella sostanza, ad esempio, non è mai stato liberista. A partire da Cavour che pur essendo molto aperto verso l’iniziativa privata, era favorevole all’intervento dello Stato in ogni investimento che fosse ritenuto necessario per lo sviluppo economico del Paese.
In Italia, una posizione liberista ortodossa è stata appannaggio di esigue minoranze: Einaudi, De Viti De Marco, Giretti.
Ciò ha comportato che il liberalismo italiano ha sempre avuto una caratteristica debolezza: la sua tendenza al compromesso per il timore dell’isolamento che ha comportato la perdita di qualsiasi tratto distintivo e di originalità rendendolo in definitiva uguale a tanti altri sistemi di pensiero.
Oggi assistiamo ad una ripresa di coscienza di cosa sia il liberalismo e delle grandi potenzialità che ha questa scuola per la crescita e lo sviluppo sociale ed economico dell’Italia, senza timore che ciò contrasti con il conformismo imperante.
Il liberalismo non è un’ideologia; è piuttosto un movimento di pensiero che mette al centro di ogni discorso politico l’individuo con lo scopo di promuovere e salvaguardarne la libertà.
Come affermato da Giuseppe Valditara “oggi si va affermando fra coloro che si proclamano progressisti un’intolleranza verso le idee “scorrette” e verso la loro manifestazione. Coloro che un tempo rivendicavano di fronte ai dittatori la libertà delle coscienze sembrano oggi pretendere la sottomissione delle coscienze al pensiero mainstream”.
Oggi, dunque, essere liberali significa essenzialmente considerare non solo che ogni uomo è libero secondo il diritto naturale, ma soprattutto che “libere debbano essere anche le sue opinioni”.
Se proprio dovessimo schematizzare essere liberale significa avere a cuore l’interesse nazionale rispetto agli interessi di fazioni, gruppi o clientele; significa essere convinti che lo Stato debba avere una dimensione minima che assicuri efficienza anziché oppressione fiscale e burocratica nella vita di ciascuno di noi; significa considerare la proprietà privata non il male assoluto ma l’espressione del diritto di ogni cittadino ad avere una casa dove poter vivere con la propria famiglia e l’opportunità di costruire una ricchezza che gli consenta una vita dignitosa e indipendente; significa amare le proprie tradizioni che sole costruiscono il nostro presente e il nostro futuro; significa considerare il potere giudiziario al pari degli altri poteri e i giudici deputati ad applicare le leggi e non a interpretarle secondo criteri che fanno di essi una casta propensa all’arbitrio e alla tirannide; significa infine avere sempre presente che accanto ai diritti esistono anche doveri dell’uomo che vanno attuati per una civile convivenza.
Come ha scritto magistralmente Friedrich von Hayek: “Il paternalistico Stato sociale ha ridotto il senso di responsabilità. La propensione a mettere in gioco se stessi, il gusto alle sfide personali. Il cittadino è stato indotto a scaricare il peso di risolvere i problemi su qualcun altro. Su quel soggetto impersonale, indefinito, padre, tutore, padrone, che dirige, elargisce doni, protegge, controlla, spia, giudica, condanna e punisce, cioè sullo Stato: è proprio questa la Via della Schiavitù”.
In Italia la cultura liberale è stata identificata in modo limitativo con il fascismo oppure è stata distrutta dal pensiero di Gramsci che aveva un solo obiettivo: demolire l’egemonia della cultura borghese per sostituirla con l’egemonia comunista. Dimenticando o facendo finta di dimenticare tutto ciò che è accaduto in Russia.
La sinistra italiana ha una presunzione insopportabile: pensa di essere l’unica ad avere una storia del pensiero e nega che vi possa essere qualcosa di intellettualmente consistente nella parte avversa, sistematicamente delegittimata moralmente.
L’evidenza del pensiero liberale nega questo giudizio sommario e sprezzante. Il pensiero liberale esiste. Occorre conoscerlo o quantomeno avere il desiderio e la curiosità di farlo.