La morte di un grande liberale: Antonio Martino

La morte di un grande liberale: Antonio Martino

Siciliano, economista, docente universitario e allievo del premio Nobel Milton Friedman, Martino è stato un riferimento di spicco del pensiero liberale

Antonio Martino nacque a Messina il 22 dicembre 1942. Laureatosi in giurisprudenza è stato membro del Partito Liberale, uno dei fondatori di Forza Italia nel 1993 e Ministro degli Esteri e della Difesa nei governi Berlusconi. Dalla politica si era allontanato da tempo convinto dell’inconcludenza della classe politica del nostro Paese.

Profondo conoscitore del pensiero liberale, presidente della Mont Pelerin Society, la più prestigiosa associazione di economisti liberali del mondo, Martino ha rappresentato l’espressione più autentica delle idee che pongono al centro la libertà della persona.

Egli difendeva il mercato non perché ne fosse innamorato acriticamente ma perché era convinto che fosse l’unico strumento che garantisce il rispetto della libertà individuale. Per Martino il mercato non è alternativo allo Stato di cui però è necessario ridefinire le funzioni in modo che esso faccia le poche cose essenziali che la libera iniziativa degli individui non è in grado di fare.

Il nucleo centrale del suo pensiero si sviluppò soprattutto a partire dalla contrapposizione fra Stato e individuo: più lo Stato diventa invadente nella vita delle persone, meno le libertà individuali hanno spazio per affermarsi. Ciò significa la morte dell’individuo e della stessa società.

Oggi tutti si dicono liberali. A parole. Ma quanti sostengono con coerenza, soprattutto in politica, il valore centrale dell’individuo, delle sue libertà, della volontà della persona di intraprendere e competere per migliorarsi e, per questa via, far progredire la società nel suo complesso? La principale obiezione a questa impostazione è che essa trascura le disuguaglianze presenti drammaticamente nelle nostre moderne società globalizzate e, quindi, gli aspetti solidaristici e comunitari. Critica in realtà piuttosto strumentale quando pensiamo all’enorme sperpero di risorse pubbliche in assistenza.

Al riguardo illuminanti sono le parole di Martino: “Spendiamo cifre colossali per “prestazioni sociali”. Cifre che, se andassero direttamente ai poveri, li trasformerebbero in benestanti”. E ancora: “Il guaio di credere che tutti possano vivere sulle spalle degli altri è che gli altri prima o poi finiscono”.

Contro le ingiustizie e la protervia delle istituzioni del nostro Paese egli affermava: “Ho il terrore della schiavitù verso la quale temo ci stiamo avviando. Il terrorismo tributario, l’intrusione nella nostra sfera privata condotta con mezzi aberranti per “snidare l’evasione”, la graduale eliminazione dello spazio privato, inviolabile, mi fanno paura e ribrezzo”. E ancora: “Quanto più i cittadini versano nelle casse dello Stato, tanto più il governo sarà incline a spendere come un marinaio ubriaco”.

Dopo la sua esperienza in politica, si convinse che “Le due risorse più scarse a questo mondo sono il tempo, che non basta mai, ed il coraggio, che manca soprattutto ai politici”.

Infine, come non ricordare la sua terapia del buon senso per far crescere l’economia: “Meno tasse per tutti”. Come l’economista Laffer, egli spiegava che se i contribuenti sono tassati troppo, cambiano Paese o evadono il fisco e il gettito dello Stato anziché crescere crolla.

Parole indigeste per una classe politica insipiente e paurosa.

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Eli

Eli

“Guerriero non per scelta ma per necessità. La necessità di difendere ferocemente l’amore per la libertà, la cultura occidentale e i suoi valori, il cittadino contro lo Stato e la sottomissione delle coscienze al pensiero unico. Meglio un giudizio sbagliato che un giudizio imposto o negato. A partire dalle nostre tradizioni e perché la memoria non dovrà mai essere smarrita. Senza conoscere il passato non c’è presente e non c’è futuro”.